Uova di struzzo decorate con decoupage e foglia oro |
" Le donne provano la temperatura del
ferro da stiro toccandolo. Brucia ma non si bruciano. Respirano forte
quando l’ostetrica dice “non urli, non è mica la prima”. Imparano a
cantare piangendo, a sciare con le ossa rotte. Portano i figli in
braccio per giorni in certe traversate del deserto, dei mari sui
barconi, della città a piedi su e giù per gli autobus. Le donne hanno
più confidenza col dolore. È un compagno di vita, è un nemico tanto
familiare da esser quasi amico. Ci si vive, è normale. Strillare
disperde le energie, lamentarsi non serve. Trasformarlo, invece: ecco
cosa serve. Trasformare il dolore in forza. È una lezione antica, una
sapienza muta e segreta: ciascuna lo sa. Maria Malibran, leggendario
mezzosoprano, che impara a nascondere le lacrime durante le terribili
lezioni di canto inflitte dal padre. Denise Karbon che scia ingessata,
Vanessa Ferrari che volteggia con una frattura al piede. La prostituta
bambina che chiude gli occhi e pensa al prato della sua casa nei campi.
La giovane donna che si lascia insultare e picchiare dal suo uomo perché
pensa che quella sua violenza sia una debolezza: pensa di capirne le
ragioni, di poterle governare, alla fine. Le migliaia, milioni di donne
che vivono ogni giorno sul crinale di un baratro e che, anziché
sottrarsi quando possono, ci passeggiano in equilibrio: un numero da
circo straordinario, questo di cercare di addomesticare la violenza – la
violenza degli uomini – qualche volta andando a cercarla, persino.
Perché è un antidoto, perché è un prezzo, perché il tempo che viviamo
chiede uno sforzo d’ingegno per conciliare la propria autonomia con
l’altrui brutale insofferenza. Le storie che ho raccolto sono scie
luminose, stelle cadenti che illuminano a volte molto da lontano una
grande domanda: cosa ci induce a non respingere, anzi a convivere con la
violenza? Perché sopporta chi sopporta, e come fa? Quanto è alta la
posta in palio? Alcune soccombono, molte muoiono, moltissime dividono
l’esistenza con una privata indicibile quotidiana penitenza. Alcune ce
la fanno, qualche altra trova nell’accettazione del male le risorse per
dire, per fare quel che altrimenti non avrebbe potuto. Sono, alla fine,
gesti ordinari. Chiunque può capirlo misurandolo su di sé. Sono esercizi
di resistenza al dolore."
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